Per le classi abbiamo affiancato alla mostra un laboratorio temporaneo (sarà attivo fino alla fine di gennaio) in cui sperimentare di persona alcune situazioni che richiamano quel che affrontano i ricercatori. Abbiamo deciso di lavorare per analogie, senza usare particelle.
Una delle attività consiste nel progettare e calibrare un sistema che agisca come un rivelatore di particelle, percorrendo il cammino dei ricercatori; solo che nel nostro caso gli oggetti da rivelare e identificare sono pezzi di tubo.
Hanno diametri diversi, uno è di rame, uno di legno, uno (quello verde) ha un magnete a ciascuna estremità.
La situazione è: un tubo viene fatto rotolare lungo un piano inclinato e bisogna immaginare quali sensori possiamo disporre lungo il percorso e alla sua fine per poterlo identificare.
I partecipanti devono per prima cosa mettere in evidenza le caratteristiche di ciascun tubo, per poterli distinguere l'uno dall'altro: così come bisogna capire quali sono le caratteristiche delle particelle che si vogliono rivelare. Poi devono immaginare in quali fenomeni fisici quelle caratteristiche giocano un ruolo determinante, in modo da utilizzarli per immaginare un sensore adatto: per esempio, il magnete genera una bella attrazione sui metalli ferromagnetici quindi si può immaginare di utilizzare in qualche modo una lamina metallica che si sposta quando passa il tubo magnetico oppure che fa deviare il suo percorso o lo rallenta.
Ogni idea viene presentata e discussa, per mettere in evidenza vantaggi e svantaggi.
Purtroppo non c'è il tempo di costruire sul momento tutti i sensori proposti. Noi ne abbiamo preparato alcuni, che in effetti compaiono sempre anche nelle proposte dei partecipanti.
un traguardo ottico per discriminare il diametro o il pieno/vuoto
il sensore che identifica il tubo di rame grazie alla chiusura di un circuito elettrico
l'interruttore magnetico
una specie di pendolo balistico per discriminare la massa
usa un sensore di flessione che rileva di quanto si alza l'estremità della striscia di plastica in seguito all'urto
la centralina, che utilizza una scheda Arduino, accende dei led all'attivazione dei sensori
Ecco la disposizione finale.
I partecipanti scoprono che non basta avere sottomano i sensori: bisogna capire come sistemarli e che cosa ci "dicono", quali informazioni ne ricaviamo. Anche negli istituti di ricerca la calibrazione è un processo importante e delicato.
Scoprono anche che per identificare un tubo bisogna considerare l'insieme delle risposte dei sensori. Spesso un sensore permette solo di escludere un certo tubo: p.es. se l'interruttore magnetico non scatta possiamo escludere che sia passato il tubo con i magneti, ma ne rimangono altri 5 possibili e solo la risposta degli altri sensori permette di capire di quale si tratta.
Alla fine c'è la grande prova. I partecipanti di un gruppo si voltano e il conduttore dell'attività fa rotolare uno dei tubi: i partecipanti devono identificarlo osservando le risposte della centralina. Il conduttore propone una seconda prova, "per verificare che il successo della prima non sia dovuto alla sola fortuna". In realtà cerca di ingannarli preparando un tubo "speciale": ne mette tre l'uno dentro l'altro, oppure inserisce il tubo magnetico dentro quello di rame. Finora in tutte le prove i partecipanti, dopo un primo momento di incertezza, hanno sempre capito che cosa è successo. Il loro rivelatore ha permesso di scoprire qualcosa di nuovo, un tubo che non avevano mai testato.
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