sabato 28 gennaio 2012

Oops, la ruota strobo rivista e corretta

Alla fine del post precedente ho fatto in tempo a scrivere della misura fatta da Stefano con il suo sensore di luminosità collegato alla calcolatrice Casio che la luce della lampadina e della lampada "al neon" ha dei picchi con la frequenza di 100 Hz, e non 50 Hz, la frequenza di rete, come avevo dato per scontato. Nel commento al post, Marco scrive che effettivamente avremmo dovuto pensarci: in un periodo di oscillazione della tensione di rete (1/50 sec) c'è un picco positivo  e un picco negativo, quindi anche la corrente che scorre nel filamento ha un picco positivo e uno negativo, ma la luminosità è determinata dal valore assoluto della corrente quindi ci devono essere due picchi di luminosità, uno ogni 1/100 sec (insomma, al filamento non interessa se la corrente scorre in un senso oppure nell'altro :-). 

I picchi di luce periodici creano un effetto stroscopico nella visione della rotazione di una ruota di bicicletta, come avevo descritto nel post Andare in salita con la ruota che sembra ferma.  Che cosa cambia nei calcoli che ho fatto nel post Effetto stroscopico 2 - il ritorno?

Per prima cosa cambia la frequenza alla quale un pezzo di nastro si viene a trovare al posto di quello che lo precede, chiamiamola frequenza base. La situazione è questa:


(è il disegno che ho tracciato sul mio quaderno di laboratorio, sono stato troppo pigro per riprodurlo con qualche meraviglioso software grafico)
La linea più in alto rappresenta lo pneumatico al primo flash di luce: i rettangolini indicati 1, 2 e 3 sono tre pezzetti di nastro adesivo. Al secondo flash, dopo 1/100 sec, il rettangolino 1 si trova dove prima si trovava il rettangolino 2, e il rettangolino 2 è al posto del 3. Alla frequenza di rotazione che corrisponde a quella velocità di spostamento i pezzi di nastro mi appaiono fermi, dato che occupano sempre le stesse posizioni. La frequenza base per la bici usata nella prova è 3,5 Hz, il doppio, ovviamente, di 1,75 Hz, calcolato assumendo una frequenza di lampi di 50 Hz. 

Quando ho misurato le frequenze con il mio tachimetro truccato da frequenzimetro ho trovato il valore di 1,75 Hz che mi aspettavo, e mi sono fermato là (in realtà ho lanciato qualche urlo di gioia e ho offerto da bere ai presenti, o forse questo non l'ho fatto). E pur avendo osservato altri effetti strobo a frequenza diverse non ho cercato di spiegarli: dopotutto avevo trovato qual che cercavo. Errore.
Adesso ho rifatto tutto facendo bene attenzione ai risultati. Ho osservato quando i pezzi di nastro appaiono fermi, e letto il valore di frequenza corrispondente: circa 3,5 Hz (ok, è quello base), 1,7 Hz, 1,1 Hz, 0,9 Hz, 0,6 Hz. A frequenze più alte la bicicletta non è stabile, a frequenze più basse ... ehm, sono troppo basse. 

Circa 1,7 Hz. Corrisponde a questa situazione: 


in 1/100 sec i pezzetti di nastro percorrono solo metà dello spazio che c'è fra l'uno e l'altro: il pezzo 1 si viene a trovare a metà strada, così come il 2; al lampo successivo, dopo un altro 1/100 sec, l'1 arriva alla posizione che aveva all'inizio il 2 e il 2 a quella che aveva all'inizio il 3, e poi il tutto si ripete. La posizione che al primo lampo era occupata dal nastro 2 viene rioccupata dopo 1/50 sec, così come la posizione occupata dal pezzo 1 al secondo lampo viene rioccupata dopo 1/50 sec: insomma, vedo nastri sempre nelle posizioni di partenza o a metà, e la permanenza dell'immagine sulla retina me li fa vedere fermi. 

Circa 1,1 Hz. Corrisponde a questa situazione:


fra un lampo di luce e l'altro ogni pezzo di nastro percorre solo 1/3 della distanza che lo separa dal successivo: ci vogliono 3 lampi perchè ognuno raggiunga la posizione occupata all'inizio dal successivo. Ci sono tre posizioni che vengono occupate ogni 3/100 sec: quella di partenza, una a 1/3 di percorso e una a 2/3. Anche qui la frequenza è sufficientemente alta per vedere i pezzetti di nastro fermi. Mi sembra che lo stesso dovrebbe capitare anche se lo spostamento è di 2/3 della distanza fra i nastri: 


Con ragionamenti analoghi acquistano significato le altre due frequenza misurate: circa 0,9 Hz corrisponde a uno spostamento fra un lampo e l'altro pari a 1/4 della distanza fra i nastri, circa 0,6 Hz corrisponde a uno spostamento di 1/6. 
Dato che il tutto era partito dalla mia reale salita in bicicletta verso casa alla fine della giornata, sono un po' più sollevato. Con una frequenza dei lampi di luce di 50 Hz avevo ricavato una frequenza di circa 30 pedalate al minuto (un valore arrotondato per eccesso), che è davvero basso (sono così scassato? mi ero chiesto). Ma con una frequenza della luce di 100 Hz la mia frequenza sale a un più serio 60 pedalate al minuto (magari qualcosa di meno, ma non molto), che è al limite inferiore della media ma insomma ... è una bella salita! 

giovedì 19 gennaio 2012

Divertirsi con il centro di massa

La mostra su Archimede mi ha fatto riprendere in considerazione il baricentro, le leve e cose simili. E cercare sul web qualche dotto riferimento, per esempio  

 

E' difficile stabilire l'esatta posizione del baricentro di un corpo umano. Più facile per un'asta o un bastone, anche se non uniformi: basta appoggiare l'asta in orizzontale sugli indici delle due mani e far scorrere lentamente le mani l'una verso l'altra fino a fare incontrare gli indici, e là si trova il baricentro. 



In questo video la stessa procedura viene applicata a una scopa

E un paio di  altre attività classiche




In riferimento al post precedente Luce da un mondo appiccicoso, Daniele mi ha portato un pacchetto di caramelle Polo e abbiamo subito provato a schiacciarle. Bisogna dare un colpo secco alla tenaglia, inizialmente ero troppo delicato, e si vede il bagliore da triboluminescenza. 
Nel frattempo mi sono ricordato che in un romanzo di Stefano Benni c'è un riferimento al fenomeno, ma non mi ricordo di quale romanzo si tratti. 

Stefano ha fatto una misura di luminosità un po' spiazzante, almeno all'inizio: la luminosità di una lampadina a incandescenza (e anche della lampada al neon) varia con una frequenza di 100 Hz e non di 50 Hz come avevo istintivamente pensato. Ora rivederemo l'effetto stroboscopico con la ruota della bicicletta per capire che cosa va modificato nel nostro ragionamento. 

venerdì 13 gennaio 2012

Luce da un mondo appiccicoso


Girellando per il web ho trovato un oggetto che mostra il fenomeno luminoso della triboluminescenza e che non sapevo lo facesse: il nastro adesivo. 

I miei primi tentativi di riprodurre il fenomeno sono stati frustranti. Ho provato con nastro da pacco, nastro di carta, nastro trasparente da imballaggio, nastro americano: senza risultato. Però nel commento sonoro al video viene detto che ha funzionato solo con un nastro americano (duct tape, o duck tape) della 3M e nei commenti postati vengono date altre marche che funzionano: si tratta, ahimè, di nomi statunitensi, come si chiamano da noi? 
Alla fine ho trovato il nastro giusto: il duct tape della Saratoga. Funziona! La stanza deve essere completamente buia ma non bisogna adattare molto gli occhi: come sa chi guarda il cielo stellato, gli occhi hanno bisogno di tempo per adattarsi al buio ed è molto evidente la differenza fra guardare il cielo dopo un minuto e dopo 20 minuti. 
Ho notato che i nastri che ho provato e non producono il fenomeno sono made in UE, mentre il Saratoga è made in USA: che ci siano differenze nella composizione della colla? o è solo un caso? Dai commenti postati pare che funzioni anche con certi cerotti, quando si toglie dalla parte appiccicosa il foglietto di protezione: anche qui deve essere importante la marca, i cerotti che avevo a casa non mi hanno mostrato proprio nulla. 

La triboluminescenza è l'emissione di luce prodotta da una sollecitazione meccanica (vedi le voci su wikipedia Triboluminescence  e Triboluminescenza, che però è solo un abbozzo, molto povera): nel nostro caso la separazione dei due pezzi di nastro e la rottura dei legami nella colla. 
Conoscevo la capacità di emettere luce dei cristalli di zucchero spezzati violentemente. Tempo fa avevo provato l'esperienza classica con la caramella Polo: stanza completamente oscurata, ne avevo messa una fra le ganasce di una pinza, dopo aver spento la luce avevo aspettato una quarantina di secondi a occhi chiusi per adattare gli occhi al buio, poi avevo stretto la pinza con un colpo secco spezzando la caramella. Avevo visto una debole luminosità blu. Ho letto che si ottiene lo stesso effetto anche colpendo o schiacciando rapidamente i cristalli di zucchero di canna, scelti perchè sono più grossi di quelli del normale zucchero bianco raffinato, ma non ci ho mai provato. 
Ho cercato le caramelle Polo per rifare l'esperienza e verificare i miei ricordi ma qui intorno non ne ho trovate: le fanno ancora? Comunque già che ero lì ho comperato al supermercato alcuni tipi diversi di caramelle dure contenenti zucchero (ho evitato un pacchetto di caramelle dure di menta che proclamavano orgogliosamente di essere "senza zucchero"; i cioccolatini e la liquirizia che compaiono nella foto non servono per l'esperimento :-). La prova è stata deludente. Solo la caramella Monk's classica ha dato un po' di chiarore, le altre sono rimaste buie. Ora ho un sacco di caramelle.  
Alcune foto di luce emessa dalle Polo si trovano qui. Una analisi del fenomeno è nel post Il buco con la luminescenza intorno del blog PASTEUR, BARNARD & COAltri riferimenti sono: Luce dallo zucchero (anche dalle caramelle), Scientific experiments at home: wintergreen candy and other triboluminescent materials - dalla Towson University, Baltimore, Candy Triboluminescence.


Ho approfittato della stanza buia per provare un'altra indicazione che avevo letto: usare un elastico. Ho preso un elastico a banda nuovo, ne ho afferrato un segmento fra pollice e indice  delle due mani e ho tirato velocemente: uhau, il segmento tirato si è illuminato in modo ben visibile! Ho afferrato un altro segmento e di nuovo l'effetto, e così via finchè ho completato il giro e tutto l'elastico è stato tirato. A questo punto  l'effetto è praticamente cessato. 

Nella voce Triboluminescence  su wikipedia si accenna a un sonaglio, una specie di maracas, usata dal popolo Ute, contenente cristalli di quarzo che emettono lampi di luce quando il sonaglio viene scosso e i cristalli sbattacchiati l'uno contro l'altro. Il quarzo è solo uno dei cristalli triboluminiscenti, lo sono anche, per esempio, la fluorite, la magnetite e la sphalerite della foto (scaricata da qui ), elencate in questo sito

Il nastro adesivo riserva altre sorprese. Nel 2008 alcuni ricercatori statunitensi hanno sperimentato l'emissione di raggi X da parte di un nastro adesivo posto in una camera a vuoto e srotolato: Lo Scotch per raggi X.  
Non è proprio facile ottenere l'effetto, almeno a scuola: alcuni studenti di quarta e quinta del liceo scientifico "Ulisse Dini" di Pisa ci hanno provato
Un nastro adesivo, nè speciale nè costoso, è stato usato per realizzare uno strato di grafene, in una ricerca di Andre Geim e Konstantin Novoselov che hanno ricevuto nel 2010 il Premio Nobel per la fisica. Ecco come è stato usato, nelle parole di Novoselov intervistato da Piergiorgio Odifreddi su Repubblica 
"Mi permetta una domanda ingenua. Una traccia lasciata da una matita, quanti strati di grafene contiene? 
Un centinaio, con una matita normale. Da questo punto di vista, noi non abbiamo fatto niente di speciale: abbiamo usato esattamente una matita, solo un po' migliore di quelle comuni, che ci è costata cento sterline. 
E come avete separato uno strato dai cento? 
Con un rotolo di scotch da due sterline. 
Sta scherzando, Mr. Novoselov! 
Sembrerebbe, ma è andata proprio così! Si mette dello scotch sulla traccia  della matita, e si tira: qualcosa ci rimane sopra, e qualcosa rimane sulla carta. Poi si mette dello scotch sullo scotch, e si tira: qualcosa rimane su uno dei nastri, e qualcosa sull'altro. E si continua, fino a quando su uno degli scotch non rimane che uno strato solo. 
E come si fa a saperlo? 
Questo è il problema. Si trasferisce lo strato su un substrato, che costa dieci sterline, e permette di renderlo visibile a occhio nudo. Il costo totale dell'esperimento fu di centododici sterline...."
Vedi anche Graphite, Scotch Tape And Some Silicon Equals World's Thinnest Balloon

Riguardo al grafene Le Scienze ha pubblicato parecchi articoli, ecco qui l'elenco.  Una particolarità divertente è che Andre Geim è l'unico scienziato ad aver vinto sia il premio Nobel (2010) sia il premio IgNobel (2000). E gli vogliamo bene per questo! 


Il nastro adesivo americano, il duct tape o duck tape (Is it duck tape or duct tape?), ha un sacco di usi poco ovvi: alcuni sono stati testati dai Mythbusters  che li hanno confermati (e poi vedi, per esempio duct tape creations   e The Great Outdoors Duct Tape Contest, presented by 3M's Scotch Tough Duct Tape). 

martedì 3 gennaio 2012

Il cucchiaino nella bottiglia, il ricordo di una impressione e la rassicurazione dell'agire

Pranzetto di Natale con i parenti. Un ottimo brut con gli antipasti. Non finiamo la bottiglia e alla fine del pasto inizia la ricerca di un tappo per chiuderla. Trovo il tappo e nello stesso istante mio cognato dice che è molto più semplice infilare un cucchiaino di metallo nel collo della bottiglia, che questo impedisce la perdita della "frizzantezza". 

Qualche tempo fa questo sistema era diventato di moda, e anch'io l'ho usato, ma poi alcune persone anzichè domandarsi perchè funzionasse si sono domandate se funzionasse: del resto, prima di cercare di spiegare un fenomeno bisogna essere sicuri che il fenomeno esista. La sperimentazione ha dimostrato che il cucchiaino non serve a niente: lo spumante contenuto in una bottiglia aperta e quello (stessa quantità) contenuto in una bottiglia con il cucchiaino nel collo perdono frizzantezza allo stesso modo. Una esposizione della esperienza è in un post del blog di Dario Bressanini:  Miti culinari 4: il cucchiaino nella bottiglia

L'ho detto, così, di striscio, mentre tappavo la bottiglia di brut del pranzo di Natale, ma mio cognato ha iniziato una discussione sul fatto che lui aveva provato di persona che il vino si manteneva frizzante anche il giorno dopo mettendo il cucchiaino, e si ricordava che invece svaporava nella bottiglia aperta. Non aveva mai confrontato le due cose ma si ricordava che aveva avuto quell'impressione. "Ma era rimasta la stessa quantità di vino? la bottiglia era rimasta fuori da frigorifero per lo stesso tempo?" chissà, quello non era chiaro. Credo sia difficile ricordare una impressione di settimane prima. Perfino quando ci sono testimoni oculari di un reato bisogna fare attenzione: date un'occhiata al libro di Giuliana Mazzoni, Si può credere a un testimone?, Il Mulino. 

Come fa notare Bressanini, spesso manca il controllo: metto in frigorifero la bottiglia con il cucchiaino e il giorno dopo trovo che il vino è ancora frizzante, quindi l'accorgimento funziona. Ma non ho contemporaneamente una bottiglia identica aperta da poter confrontare. E questo è uno dei possibili motivi dell'accanimento di mio cognato. 
Ma mi sono accorto di un'altra cosa. Continuava a dirmi che mettere il cucchiaino nel collo della bottiglia è una cosa semplice, che non richiede perdite di tempo o oggetti difficili da trovare. Gli ribattevo che ancor più semplice è non mettere niente, visto che il risultato non cambia, ma lui insisteva che visto che è così semplice perchè non infilare il cucchiaino? Mi è sembrato che provasse una certa rassicurazione nel fare qualcosa piuttosto che non fare niente. Come se l'agire lo tranquillizzasse. Non ho gli strumenti per andare più in là con l'interpretazione, comunque mi è sembrato interessante e mi ha ricordato che qualcuno (chi?) ha detto riguardo al raffreddore che se lo si cura passa in sette giorni, mentre se non lo si cura ci mette una settimana.