venerdì 30 gennaio 2015

Onde come tracce

Stiamo ragionando sulle situazioni in cui si scopre/conosce qualcosa osservando e interpretando le tracce che quel qualcosa lascia. Gli esempi più immediati sono le indagini da polizia scientifica (CSI in modo esasperato ma avvincente) e lo studio delle tracce degli animali. Ma avviene anche in altri casi e nella vita comune.
Mi è tornato in mente un "attrezzo" o "mappa" di cui avevo letto nel libro di Marcia Ascher, Etnomatematica - esplorare concetti in culture diverse, Bollati Boringhieri (2007, ed.originale 2002).


I mattang o stick charts, di origine polinesiana (in particolare delle Isole Marshall), sono schemi realizzati con bastoncini di legno che indicano la presenza di isole grazie alla configurazione delle onde dell'oceano. Venivano usate dai navigatori per viaggiare nell'arcipelago, anche su lunghe distanze. Il fronte delle onde regolari dell'oceano cambia forma quando le onde incontrano un'isola, in parte la superano (a volte lasciando una sorta di ombra, dipende dalla lunghezza d'onda, dalla dimensione dell'isola, dalla pendenza del fondo oceanico) in parte si riflettono. Le configurazioni delle onde diventano così tracce che rivelano la presenza di terraferma.
Mi ha ricordato le figure di interferenza/diffrazione formate dai raggi X inviati su solidi cristallini, figure che rivelano la struttura del cristallo in esame, una tecnica usata in cristallografia e in biochimica.

Mattang, reading the pattern of the waves | SVM Shipping Blog - un bell'articolo esauriente

Marshall Islands stick chart - Wikipedia, the free encyclopedia - voce esauriente anche se non descrive in dettaglio il significato degli schemi
   
Polynesian Stick Charts - dettagliato, moltissime immagini
  
Dirk HR Spennemann, Traditional and nineteenth century communication patterns in the Marshall Islands, un lungo articolo in pdf con una estesa spiegazione delle stick charts
   



                                                   da Mattang, reading the pattern of the waves | SVM Shipping Blog

martedì 13 gennaio 2015

Lavoriamo ancora su sacchetti di plastica (1)

Avevamo lavorato tempo fa sui sacchetti di plastica usando il ferro da stiro per fonderli e ottenere un foglio spesso e resistente, con cui realizzare prevalentemente borse e ornamenti. 

Pochi giorni fa Patrizia ha trovato un tipo diverso di oggetti realizzati con sacchetti di plastica


qui c'è il sito dell'artista, Joshua Allen Harris

Proviamoci anche noi, ci siamo detti.
Abbiamo recuperato qualche sacchetto di plastica e un soffiatore di aria calda detto embosser.


Fondamentalmente è come un phon. Rispetto a un normale phon per capelli ha una imboccatura  più stretta, forse scalda di più (ma non abbiamo misurato la temperatura), la velocità dell'aria in uscita è molto più bassa - queste cose insieme fanno sì che soffi un getto molto localizzato e più caldo, anche se non così caldo come una pistola per sverniciare. Gli embosser sono usati in campo hobbistico per realizzare timbri e simili fondendo polveri da rilievo.

Ecco i risultati delle nostre prime prove.

Patrizia parte con ottimismo, l'idea è di realizzare un orsetto.




L'embosser fa il suo dovere, bisogna tenerlo molto vicino ai lembi da saldare e tenere schermate le parti non interessate. Ma quando cerchiamo di mettere le zampe capiamo che bisogna strutturare meglio il lavoro. Patrizia ha tagliato un foro nel corpo dell'animaletto e inserito la zampa nel foro ma l'operazione di saldatura è più laboriosa di quel che ci aspettavamo. Abbiamo pensato che conviene vedere come fanno i sarti a mettere le maniche a una giacca, realizzando dei semplici cartamodelli che ci guidino al taglio del sacchetto.
Allo stesso tempo dobbiamo immaginarci di realizzare qualche utensile che ci aiuti nel lavoro: p.es. per attaccare un tubo a un foro sarebbe utile non stare piatti sul tavolo ma avere un appoggio in rilievo, un cono su cui infilare il foro e il tubo potendo appaiare i lembi da saldare fra loro.

La procedura è rimasta quindi in sospeso, dovremo fare un po' di pensate e di prove. Invece abbiamo acquistato sicurezza sulla termosaldatura.





Abbiamo provato sacchi grandi e trasparenti della spazzatura, shopper "ecologici", protezioni delle maniche da laboratorio, e tutti hanno dato buoni risultati. Abbiamo provato anche uno dei fogli plastici che gli imbianchini usano per proteggere i mobili quando tinteggiano: funziona ma è così leggero da essere poco maneggevole, svolazza ovunque - lo avevamo scelto proprio perchè leggero, si presta bene a essere gonfiato con un flusso leggero di aria.

Nuove prove ci aspettano!