La prima lattina è riempita quasi completamente di riso, la seconda è vuota, la terza è riempita circa a metà. Quella riempita a metà dà molta soddisfazione. Scende lentamente perchè rotolando solleva il riso dalla parte a monte: per prima cosa, il baricentro del mucchio di riso non è più sulla verticale dell'asse di rotazione della lattina e la forza peso del riso si oppone alla rotazione (genera un momento opposto a quello che determina la rotazione), e poi il riso che scivola lungo la parte interna della lattina striscia e dissipa energia per attrito, con un secondo effetto di rallentamento. Nella lattina quasi completamente piena il riso può muoversi molto di meno e il piccolissimo spostamento del suo baricentro non incide molto sulla rotazione complessiva.
Diminuendo l'inclinazione del piano si arriva al punto che la lattina piena a metà neppure inizia a rotolare. E si può trovare per tentativi quanto bisogna riempire la lattina perchè a una certa inclinazione del piano non parta.
Per evitare che le lattine slittino sul piano abbiamo inizialmente messo degli O-ring, ma poi abbiamo riprovato usando elastici: tutto è andato bene. Basta che l'elastico sia di diametro leggermente minore della lattina così bisogna tenderlo un po' ma non troppo.
ecco le lattine pronte per la discesa, con i loro elastici per una aderenza da gara |
Così Marco Guido Spartaco racconta quel che accadde in una precedente occasione.
Tina, Pina e Gina erano tre amiche lattine che un bel giorno si sfidarono lungo un piano inclinato.
Fu come una gara di discesa, però senza sci e senza neve perché ormai era quasi primavera.
La prima a lanciarsi nel vuoto fu Tina che (vuota anche dentro) voltolò elegantemente lungo il pendio e poi ancora sul pavimento per alcuni metri prima di fermarsi. Toccò quindi a Pina che, piena di sabbia e di gloria, rotolò un pezzo più in là dell’amica dissipando tutta l’energia di partenza contenuta nella sua massa.
Venne poi il turno di Gina, che di sabbia era piena a metà (ma qualcuno diceva: “mezza vuota”).
Gina, nonostante l’impegno (e la forza di gravità), non rotolò affatto, limitandosi a ruzzolare goffamente poco oltre il nastro di partenza.
In tanti si sforzarono allora di spiegare un comportamento così poco virtuoso e tra questi il gruppo di discepoli raccolti intorno ad un illustre professore milanese.
Costoro, scartata l’ipotesi che qualcuno avesse spalmato di colla la pista e constatato altresì che, anche se spinta dalla robusta Pina, la Gina continuava a derapare senza ritegno (invece che rotolare come tutte le sante lattine), cominciarono ad appassionarsi al caso.
Obiettivo: restituire a quella lattina il rotolamento perduto.
In principio qualcuno suggerì di imbracare la Gina con un elastico prima di affidarla al pendio. Tale proposta, pur rivelandosi di indubbio progresso rispetto alla situazione di partenza, non la faceva però ancora sufficientemente competitiva. E anche la proposta di impanare la Gina con della sabbia (invece che col pan grattato e previo avvolgimento della lattina con nastro adesivo opportunamente rivoltato!) non ebbe il successo sperato.
ecco Gina con una croccante impanatura di sabbia su nastro adesivo al contrario |
E poi all’improvviso si fece strada l’idea di provare togliere una parte della sabbia contenuta nella lattina, nel tentativo di farla finalmente rotolare in libertà. L’intuizione si rivelò decisiva consentendo alla lattina Gina di fare sempre più strada secondo il principio che… più si svuota e più si ruota!
Tina, Pina e Gina insieme ad alcune amiche |
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